Arte nella Basilica

Architetto Vespignani
L’architetto conte Vespignani nacque a Roma nel 1842. Il padre, Virginio, era l’architetto dei “Sacri Palazzi” e gli succedette il figlio, alla sua morte.
Lavorò soprattutto nella Basilica di San Giovanni in Laterano, ma la sua opera più significativa è il Tempio del Sacro Cuore al Castro Pretorio. Oltre al progetto generale, ne curò la facciata, il battistero, l’interno e il campanile del Tempio che, però, non venne terminato secondo il suo disegno. Lo stile architettonico dell’artista è fondamentalmente neoclassico, ispirato allo stile rinascimentale. Morì a Roma nel 1899.
Esterno della Basilica
l’architettura esterna è di stile prettamente neoclassico, dominante nell’epoca.

La facciata
Il materiale utilizzato è il travertino di Tivoli su basamento realizzato dai fratelli Ugolini e la parte restante ad opera dell’ingegnere Bardo Bardi. La parte inferiore è divisa in tre scomparti corrispondenti ai tre portali d’ingresso (realizzati dai falegnami di Valdocco), mentre nella parte superiore vi è un unico settore “mosso” da una elegante trifora. La parte più alta termina con un timpano triangolare ai cui lati sono posti due angeli di Angelo Benzoni che guardano la croce. Al centro si trova lo stemma di Leone XIII. Sul ripiano a sinistra è posta la statua di Sant’Agostino, a destra la statua di San Francesco di Sales. I tre portali sono sormontati da tre lunette con mosaici, realizzati dalla Società Musiva di Venezia su disegno di Angelo Zoffoli che raffigurano al centro il Sacro Cuore, a sinistra San Giuseppe e a destra San Francesco di Sales.
Il campanile
In travertino di Tivoli, è rimasto incompiuto fino al 1931. Si presentava come una massiccia torre quadrata, in contrasto con le forme slanciate del complesso. Uno dei due piani superiori alloggia 5 campane, fuse dalla ditta Bozzozero Bianchi di Varese su ordinazione di don Bosco. Furono benedette solennemente dal card. vicario Lucido Maria Parocchi il 3 dicembre 1887 alla presenza del sindaco di Roma, il principe Torlonia. Nel 1929 don Bosco fu dichiarato beato da papa Pio XI: per l’occasione, gli ex allievi argentini vollero regalare una grande statua del Sacro Cuore in segno di riconoscenza per le le missioni salesiane in Argentina. La statua, alta 6,50 metri e del peso di 16 quintali, è di rame sbalzato e cesellato a mano e dorato a foglie di oro zecchino. Il bozzetto è dello scultore Enrico Cattaneo di Torino, realizzato poi a Milano nel laboratorio del comm. Riccardo Politi. La statua fu benedetta dal Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi il 19 giugno 1931. Sfruttando le strutture edilizie allestite per collocare la statua, fu riportato nella torre campanaria il “campanone” che si era incrinato ed era stato rifuso dalla ditta Bozzozero di varese. La statua, malamente restaurata negli ultimi anni del secolo XX, è stata “ridorata” nel 2008, contemporaneamente alla Basilica, dalla Ditta Castelli. Il 31 gennaio 2010, presenti il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il vicedirigente di Roma Mons. Luigi Moretti, l’ispettore dell’ICC (Italia Circoscrizione Centrale) don Alberto Lorenzelli ha benedetto la statua restaurata.

Interno della Basilica
è pari, per solennità e decoro, all’esterno.
La progettazione architettonica è del Vespignani che, in quella ornamentale, fu aiutato dall’ingegnere Valentino Grazioli, mentre l’esecutore fu Giuseppe Pierozzi.
Pareti della Navata Centrale e Soffitto
Nelle pareti, sopra gli archi sorretti da 8 colonne monolitiche di granito di Baveno (Novara), Cesare Caroselli ha dipinto 12 profeti.
Nel soffitto, Virginio Monti ha dipinto 4 episodi che illustrano la misericordia di Dio: Gesù e la Samaritana, Gesù tra i fanciulli, Gesù e l’adultera, il figliol prodigo. Al centro abbiamo il Sacro Cuore, opera in legno dorato di Andrea Bevilacqua.
Pareti e Soffitto del Transetto
Partendo da destra troviamo dipinti 8 apostoli con i 4 evangelisti. Al centro degli archi, due tondi con Gesù istituisce l’eucarestia e Gesù Buon Pastore. Nel soffitto, Annunciazione e Natività ad opera di Virginio Monti e al centro il primo stemma della Congregazione Salesiana, voluto da Don Bosco.
Altare Maggiore
È composto di 4 colonne di marmo con capitelli corinzi dorati; in alto un timpano triangolare con una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Al centro, in un riquadro di marmi preziosi, la tela con l’immagine del Sacro Cuore, ispirata alla terza visione di Santa Maria Margherita Alacoque. Gli ornati marmorei provengono dalla basilica di San Francesco a Siena.
Altare di San Giuseppe
In origine si trovava nel Coro e veniva utilizzato per le celebrazioni parrocchiali che si svolgevano nel Coro poiché il corpo centrale era ancora in costruzione. Don Bosco volle questo altare per ricordare che la chiesa, nei progetti di Pio IX, doveva essere dedicata a San Giuseppe. L’altare è formato da due colonne di marmo con capitelli corinzi che sostengono un timpano spezzato. Nel centro si legge ITE AD JOSEPH. La tela è di Giuseppe Rollini, ex allievo di Don Bosco a Valdocco. San Giuseppe ha accanto la Vergine Maria, Gesù Bambino in braccio e, con la mano destra distesa, protegge la basilica di San Pietro, offerta da un angelo genuflesso. L’illusione al Santo Patrono della Chiesa Universale è chiaro.
Altare di Maria Ausiliatrice
Fu donato dal principe Torlonia, sindaco di Roma, che lo fede trasportare dalla sua Villa sulla Nomentana. È composto da due colonne di marmo con capitelli corinzi sormontate da un timpano spezzato con il monogramma di Maria Ausiliatrice al centro. La tela è opera di Giuseppe Rollini, come risulta dalla firma e dalla data apposte nell’angolo in basso a destra. Il pittore ricevette suggerimenti da Don Bosco sulle modalità d’impostazione del quadro:Maria Ausiliatrice con il diadema di regina sul capo, con la destra stringe uno scettro e con la sinistra sostiene il Divin Figlio, anch’egli incoronato; intorno una schiera di angeli. nella parte inferiore, un paesaggio marino con il sole nascente. l’altare è ricco di marmi preziosi con un pregevole tabernacolo. Don Bosco, il 16 maggio 1887, vi celebrò la messa, l’unica celebrata nel tempio: si interruppe molte volte con un pianto a dirotto. tornato in sacrestia disse al segretario di aver capito quello che nel sogno di nove anni gli aveva detto la Madonna “a suo tempo tutto comprenderai”
La cupola
Il vasto presbiterio è sormontato da una cupola con occhio centrale e lanternino. Alla base della cupola, tra questa e i pennacchi, si legge una fascia azzurra con caratteri dorati la scritta: “Ibi cunctis diebus oculi mei et cor meum” (“Qui tutti i giorni i miei occhi e il mio cuore”). La parola “cor” sovrasta l’altare maggiore per accentuare la centralità del sacro cuore. Gli affreschi della cupola sono il capolavoro di Virginio Monti e si riferiscono al trionfo del Sacro Cuore. Al centro campeggia, su un trono di luce, la figura del Redentore che mostra alla confidente Santa Maria Margherita Alacoque, anch’essa in gloria, il suo cuore pieno d’amore. Accanto, in atto di umile adorazione, la beata Caterina da Racconigi, cui Gesù diede prove del suo umile amore. Da una parte e dall’altra di questo gruppo centrale, angeli recanti simboli della passione e inneggianti su cetre d’oro al cuore di Gesù. Via via poi, nel resto della fascia affrescata San Francesco di Sales, Santa Margherita, Santa Teresa, San Bernardo, Sant’Agostino, San Francesco d’Assisi, Santa Gertrude, San Bernardino da Siena, San Luigi Gonzaga e schiere di beati adoranti.
Nei quattro pennacchi della cupola, Cesare Caroselli affrescò Davide e i profeti maggiori per le profezie relative alla vita, alla missione redentrice e ai dolori dell’Uomo-Dio.