4a AVVENTO C – GIUSEPPE: LA FEDE NEI SOGNI

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4a AVVENTO  C – GIUSEPPE: LA FEDE NEI SOGNI

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 1, 18-24

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

Ci stiamo avvicinando al Natale. Il Vangelo di Matteo ci propone l’annunciazione di Giuseppe. Giuseppe, uomo dei sogni e delle mani callose: la sua casa e i suoi sogni narrano una storia d’amore, i suoi dubbi e il cuore ferito raccontano un’umanissima storia di attese e di crisi. Nazaret. Due case con il respiro della ferialità: lei in cucina, lui in bottega. Quotidianità che profuma di autenticità: è il niente che basterà per sorprendere e imbarazzare la storia. Lui lavorerà, lei tesserà e cucinerà: giovani sogni d’innamorati. Lei di lui è innamorata, lui dalla bellezza di lei è rimasto stregato, messo a custodia di una donna di affascinante bellezza. Lui nella bottega, lei in casa: a lei lui avrà dedicato linguaggi semplici di un amore bambino: una frase scarabocchiata sul davanzale, un ramo di mirto fatto trovare sull’uscio, uno sguardo furtivo da dietro la finestra. O forse un graffito inciso nel legno di bottega. Lei lo pensa, se lo immagina, ne anticipa i pensieri: piccoli particolari di donna. Ogni tanto distende il capo all’indietro, poggiandosi alla parete. Chissà se dall’altra parte della strada, chiuso nella sua bottega, un uomo si starà sintonizzando su quello sguardo. Al di là della strada Giuseppe: nella bottega sta lavorando il suo sogno d’amore.

Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Si siede nel retro della sua bottega Giuseppe, con la testa tra le mani. Dubbio, desolazione, amarezza. Si è sparsa una voce… E allora si prospetta un addio, ma senza smarrire quella signorilità che l’ha reso affabile ai suoi occhi di donna: pur non volendo più stringere e a sé quel corpo, non lascerà che nessuno possa un giorno vantarsi di poterla sbeffeggiare o deridere. Tanto meno lapidare. La rimanderà a casa di nascosto: con discrezione, come di mesto addio, come un rintocco di chi serberà per sempre il suo ricordo. Come quando contava i giorni aspettandola.

Nel retro della bottega c’è il deposito: il vecchio mobilio da restaurare, le assi di legno appena scaricate, le panche appena abbozzate che all‘indomani prenderanno forma. Arnesi e pensieri. Nel mezzo dei quali sopraggiunge veloce una carezza d’aria: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Anche per lui c’è un angelo a disposizione: dentro la confusione cupa, nella polvere del pensiero, nell’angustia del cuore. «Non temere d’esserti smarrito, Giuseppe. La strada è quella giusta». Forse il Cielo avrà imposto l’ordine a Maria di tacere: ogni spiegazione tra umani avrebbe potuto divenire motivo di malintesi. All’Eterno il compito di giustificare l’imprevisto, l’imbarazzo. Giuseppe lavora il legno: il Figlio suo un giorno lavorerà i cuori, molto più fragili e delicati. Degli anni di bottega, Gesù forse ricorderà che la sedia rotta si ripara, non si getta; che il mobilio usurato non si brucia, ma si restaura; che le ante scrostate delle porte si riverniciano e ritornano come nuove. Che i cuori sgraziati potranno ritrovare grazia e i peccatori non moriranno: la conversione e poi si ricomincia.

Giuseppe è «giusto» (Mt 1,19). Ascolta la parola dell’angelo. Crede al sogno di Dio e prende Maria con sé. Ascolta e si fida della parola che da sempre Dio rivolge all’uomo: «Non temere». Giuseppe non ascolta la paura, diventa vero padre di Gesù, anche se non ne è il genitore. Giuseppe è testimone che Dio non esaudisce i nostri desideri, ma adempie le sue promesse, spesso sconvolgendo le stesse aspettative, legittime e umane, di ciascuno.

Messaggio di grazia per noi. Che fare, nel momento in cui tutto sembra oscuro, ingarbugliato, misterioso? Che fare nel momento in cui la storia personale, quella delle persone amate è messa in questione ed è incomprensibile? Dramma nostro e di Giuseppe e Maria. Dio parla a tutti e due, all’uomo giusto e alla vergine innamorata. Lavora dentro le famiglie, dentro le nostre case, nel dialogo, nel dramma, nella crisi, nei dubbi, negli slanci di una coppia già formata, là dove si creano quelle oasi di verità e di amore che aiutano a sostenere il cuore. Dio non ruba spazio alla famiglia, lo abita, lì in cui si sommano due cuori, molti sogni, pazienza e moltissimo lavoro. La casa è il luogo della fatica e fascino dell’amore. In ognuna delle nostre case egli invia angeli, come in quella di Maria; invia sogni e progetti, come in quella di Giuseppe. I nostri primi annunciatori sono coloro che vivono con noi, messaggeri dell’invisibile, annunciatori dell’infinito.

Di Giuseppe nei Vangeli non si conosce nessuna parola. Una vita di silenzi e tremori, imbarazzi e amori, legni e sorprese. Di Lei si tramanderanno pochissime parole: quel poco che basta per muovere i passi di Dio. Un giorno quella ragazza la rapiranno gli uomini di chiesa e la faranno prigioniera di capitelli blindati: lei, donna striata dalla strada. Un giorno quel falegname decideranno di rappresentarlo col bastone e il capo chino: come fisse nato vecchio, rassegnato, dimissionario. Trucchi arditi di mestieranti poco avvezzi al Cielo. Impauriti di dover un giorno fare i conti con Dio che è sempre inaspettato. Giuseppe, Maria. E noi. Ad accogliere il Signore che ci indica il suo sogno: venire e far fiorire il sorriso sui volti.

don Guido