+Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 3,13-17)
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore
Giovanni battezzava. La parola «battezzare» significa «immergere nell’acqua». Infatti, colui che si faceva battezzare scendeva nel fiume e si immergeva quasi completamente, mentre Giovanni gli versava acqua sul capo. Questo gesto ha un significato profondo. Prima di tutto l’acqua è fonte di vita. Quando non piove per tanto tempo, viene la siccità e la vita sparisce. Quando ritorna l’acqua, ritorna la gioia e la festa. Ma l’acqua è anche causa di morte. Quando cade a torrenti, diventa un flagello, porta distruzione e rovina. Il battesimo è un segno di morte e di vita nuova. Scendere nell’acqua, immergervisi completamente, diventa segno che si vuole morire alla vita di peccato. Uscire dall’acqua nel battesimo è segno di un rinnovamento, di una nuova nascita.
Gesù si presenta al Giordano a farsi battezzare da Giovanni insieme a molti altri peccatori. Confuso nella massa di coloro che riconoscono di aver bisogno di conversione. “Battezzami, Giovanni, ora è il mio turno!“. Giovanni: l’uomo che viveva nel deserto arido, l’uomo pronto a tutto ammutolì. Ai suoi occhi non poteva credere: l’Eterno, la Perfezione che chiede pulizia. Si umilia, si nasconde, s’abbassa. “Coraggio, amico: battezzami!” Dove trovare il coraggio? La fila dei peccatori s’ingrandiva, mormorii sempre più pesanti per l’inceppo del rito, stizza e nervosismo, paura e incomprensione. C’è un attimo di spaesamento: “Non posso, Gesù!” Giovanni non capisce più niente. Non poteva iniziare così la storia del Messia. Giovanni gli aveva annunciato che compito del Messia era di mettere ordine, urlare la morte del peccato. Dividere, premiare i buoni e castigare i cattivi! Un futuro da guadagnarsi. Giovanni aveva annunciato un Re. Arriva un peccatore. “Sei tu che devi lavare me“. – Lascia fare per ora… E Giovanni è costretto a trattarlo come tutti gli altri. Gi ovanni s’abbassa, prende un pugno d’acqua e obbedisce. L’Amico col quale giocava nelle stradine di Nazareth, scende tra i rivoli veloci del fiume Giordano e, si immerge nella storia, riemerge. Il cielo si squarcia, si spacca: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto“. A Giovanni Battista, venne la pelle d’oca. Avvertì d’essere dentro una storia non più storia.
Mentre dall’alto Gesù viene indicato come l’Inviato, il Figlio di Dio, dal basso Gesù stesso si colloca dalla parte dei peccatori, si confonde con loro, sembra faccia di tutto per nascondersi. Così ce lo descrive la prima lettura:
- «egli non griderà, né alzerà il tono»: non con la minaccia e il ricatto tipico di certa autorità egli guiderà il popolo, ma con la mansuetudine e la tenerezza;
- «non spezzerà una canna incrinata, né spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta»: non con il rifiuto e, ma con l’accoglienza, dei «lontani», portatori di una insoddisfatta nostalgia di un Salvatore.
Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli, e vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba sopra di lui. Lo Spirito e l’acqua sono le più antiche presenze della Bibbia, entrano in scena già dal secondo versetto della Genesi: la terra era informe e deserta, ma «lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque». Il primo movimento della vita nella Bibbia è una danza dello Spirito sulle acque. Come una colomba che cerca il suo nido, che cova la vita che sta per nascere.
Il nostro Battesimo è attualizzazione di quell’evento. In Gesù noi siamo battezzati, liberati dal peccato e divenuti una creatura nuova. Anche a noi la voce dal cielo ripete: «Tu sei il mio figlio prediletto». E’ allora necessario vivere il dono ricevuto. Credere che siamo figli di Dio, amare e lasciarci plasmare dallo Spirito. Non si riceve il battesimo, infatti, per salvare la propria anima che, ma per sentirsi parte di un cammino di popolo, segnato in modo indelebile dalla presenza di Colui che ha voluto mettersi in fila con i peccatori. La Voce dal cielo annuncia: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. «Figlio» è la prima parola. Amato è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, ogni giorno appena ti svegli, il tuo nome per Dio è «amato». Immeritato amore, che precede ogni risposta. Mio compiacimento è la terza parola. Termine raro e prezioso che significa: tu – figlio – mi piaci. Gioia, soddisfazione, c’è un Dio che trova piacere a stare con me e mi dice: tu, gioia mia! Mi piaci da impazzire. Per Dio ogni storia è un piacere ripetersela, (ri)guardarsela, ricostruirsela: “Uomo, sei il mio piacere. In te provo piacere“. In ogni uomo che, sciacquatosi dalla vergogna, lo guarda, Dio s’innamora.
Invece continuamente,
di giorno in giorno per la vita intera
tu ci ami per primo.
Quando al mattino mi sveglio
tu sei il primo, tu mi ami per primo.
Se mi alzo all’ alba e immediatamente
elevo a te il mio spirito e la mia preghiera,
tu mi precedi, tu già mi hai amato per primo.
E’ sempre così.
E noi ingrati, che parliamo come se tu