+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,23-29)
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate». Parola del Signore
In principio era l’amicizia, nel cui grembo è fiorita la più bella tra le storie d’amore possibili: quella tra Dio e l’uomo, intrecciate di cielo e terra, sposalizio di miseria con grandezza. «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Deus caritas est). La bellezza di un incontro: tutto il resto venne dopo. Gesù e i suoi amici. Sono tristi. Li guarda. Tra poco li avrebbe lasciati, era vicina la sua ora. Mentre li guarda, con l’emozione di chi lascia, lui desidera in qualche modo prepararli all’ora in cui non sarà con loro, perché lui va al Padre. Dà indicazioni. Sono indicazioni anche per noi, per il tempo in cui Gesù non è fisicamente tra noi, è andato al Padre. Ritornerà un giorno. Gesù non vuole che siamo tristi. E’ venuto perché noi siano nella gioia. ”Non sia turbato il vostro cuore. Non abbiate paura”.
Il cuore racconta la nostra esperienza. Abbiamo paura di essere soli. Paura di essere giudicati. A volta non siamo capiti. Paura di essere abbandonati, di non riuscire, di non farcela. E allora rispondiamo con la chiusura in noi stessi. Ci sentiamo abbandonati. A volte anche i nostri sogni sono ormai svaniti. Sovente viviamo con superficialità questo grigiore o vuoto. Andiamo avanti così, con una vita insipida. Senza colore e calore. Ma ci pesa tanto. Perché ci teniamo alla compagnia. Il nostro cuore non può palpitare senza un incontro, senza sentire parole che ci rassicurano, ci capiscano, un abbraccio che ci scaldi, una carezza, coccole che ci fanno sentire protetti, perdonati, amati, così, senza meritarcelo. Per puro amore, comprensione o misericordia. In tutta questa esperienza forse, grandi e piccoli, viviamo questo “assentarsi” di Dio. E questo è pesantissimo. Stiamo proprio male. Perché è anche la negazione stessa della nostra fede. Infatti la fede ci dice che Gesù è presenza affettuosa, è sempre con noi, è amico fedele, che ci accompagna, che nulla e per nessun motivo ci lascia soli, mai ci castiga, o si dimentica di noi. Ci sentiamo abbandonati. Solitudine, silenzio, vuoto, buio che incombe, opprime.
Ma Gesù non permette che soffriamo così. Ecco la sua parola: “Non sia turbato il vostro cuore, e non abbiate paura. Vi mando il Consolatore, lo Spirito Santo che vi riporterà al cuore ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito dialoga con noi senza pausa. Consolatore è il suo nome, e non perché esorcizza solitudini, lacrime o fallimenti, guaritore delle mie paure di vivere, ma perché è il maestro della strada verso il tempio del cuore, verso la liturgia del cuore; perché ci salva da una vita senza cuore, da azioni e parole senza cuore. “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”. “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Ci ricordiamo l’incontro di Maria. “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito santo”. Lo Spirito sull’uscio di casa. Pentecoste offerta da un saluto, dentro un abbraccio. Le due donne si strinsero i grembi rigonfi, e lei, Elisabetta, già colma della sua creatura, fu colmata dallo Spirito Santo. Il fascino dell’abbraccio di Maria! Un abbraccio diventa Pentecoste, compagnia dello Spirito. In un abbraccio tenero di donne! Se pensassimo alla grazia degli incontri, i nostri, che custodiscono questa affascinante possibilità: di comunicarci reciprocamente momenti di bellezza, di entusiasmo, di gioia, di consolazione, di sostegno, di fedeltà? Forse sottovalutiamo, o raramente riflettiamo su questa realtà della vita, realtà quotidiana: la vita è fatta di incontri. La bellezza nell’incontro, la Pentecoste nell’incontro. Dio è abbraccio, amore, passione, una voglia matta di unirsi all’umanità. «Verremo» Bellissimo questo venire di Dio: il suo nome è Colui-che-viene, colui che ama la vicinanza, che abbrevia instancabilmente le distanze. Non vede l’ora di incontrarci. «E prenderemo dimora presso di lui». In me il Misericordioso senza casa cerca casa. Posso offrire solo un povero riparo, non ho virtù o meriti particolari, non ricchezze spirituali, ma una cosa sola lui mi domanda: essere un minimo angolo ospitale.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Ecco che il mio cuore ci accende, non è più grigio, vuoto, si riscalda e Gesù viene in me e sono in pace. La sua pace, quella vera. Mi sento al sicuro, non ho più paura e non temo nulla. E il mio volto si illumina, mi apro al sorriso e contagio gli altri della sua gioia-pace. Mi sento accolto amato e amo. Non sia turbato il vostro cuore”. “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Invochiamo Maria, nostra mamma e aiuto, gustiamo il suo abbraccio e ci sentiremo abitati da Gesù, dal suo Amore. E saremo nella pace.
don Guido